Secondo una strampalata tesi del mondo animal-ambientalista, il proliferare dei cinghiali sul territorio italiano è causato dall’attività venatoria la quale, mettendo sotto stress gli animali, li indurrebbe a fare più cuccioli.
Viene così a cadere l’ennesimo tabù del mondo animal-ambientalista che fino ad oggi affermava che l’attività venatoria comportasse la riduzione o, peggio, la distruzione della fauna selvatica. Se la teoria del mondo animal-ambientalista fosse vera, allora l’attività venatoria non dovrebbe più essere accusata della riduzione della fauna selvatica ma essere accreditata come elemento essenziale per favorirne l’espansione.
Se il frastagliato arcipelago animal-ambientalista vuole a questo punto dimostrarsi coerente con le proprie affermazioni, ci aspettiamo una conseguente proposta di legge per estendere i periodi di caccia e l’incremento dell’elenco delle specie cacciabili in modo da favorire, grazie alla caccia, l’incremento della fauna selvatica, soprattutto quella considerata in cattivo stato di conservazione.
In effetti il mondo animal-ambientalista non può affermare il tutto ed il contrario di tutto in base alle proprie convenienze.
Delle due l’una: o la caccia è da considerare come attività dannosa che porta all’estinzione delle specie di fauna selvatica, oppure deve essere considerata anche in Italia come viene giustamente considerata nel resto del mondo e cioè come indispensabile strumento di gestione della fauna selvatica e di conservazione degli habitat naturali.
on. Sergio Berlato
Presidente nazionale Associazione per la Cultura Rurale
Thiene, li 8 febbraio 2021